La “Donna morsa da un serpente” di Auguste Clésinger

Il Salon, la periodica esposizione che si teneva a Parigi fin dal 1667, vide nel 1847 esposta una statua di Jean-Baptiste Clésinger, detto Auguste Clésinger (1814-1883), che provocò uno scandalo sia artistico sia di costume, risultando pertanto l’opera tra le più commentate di quella edizione.

Si trattava della sua “Femme piquée par un serpent” (“Donna morsa da un serpente“), una statua in marmo che rappresenta una figura femminile in una posa contorta e alquanto voluttuosa, il cui titolo imposto era più che altro un pretesto in quanto il serpentello avvolto ad un suo polso appare poco più che un grosso verme e difficilmente avrebbe prodotto un tale spasmo di dolore.

La Donna morsa da un serpente, di Auguste Clèsinger - Parigi
La donna morsa da un serpente

Il tema del serpente, a cui più volte si è associato il peccato originale, doveva essere pertanto solo simbolico e credo che tutti i visitatori del Salon a quell’epoca, e chi la ammira oggi al Museo d’Orsay dove è attualmente conservata, lo abbiano ben intuito a prima vista.

Ulteriore fonte di scandalo, e probabilmente in alcuni fonte di notevole invidia, era costatare che la modella era niente di meno che Apollonie Sabatier (1822-1890), donna affascinante e dotata di una grande bellezza, ai tempi classificata “di liberi costumi” per via dei numerosi amanti e per il suo spirito anticonvenzionale, descritta dai fratelli Goncourt come una “belle femme un peu canaille“.

La leggenda

Inoltre rilevando i visitatori che sulla scultura vi erano riportati addirittura i segni di cellulite (ai tempi forse non era disdicevole per una donna averli e mostrarli) dedussero che l’autore aveva operato con dei calchi direttamente sul corpo della modella, stimolando ancor di più l’immaginazione sia dei licenziosi sia dei bacchettoni, questi ultimi solitamente dei libidinosi repressi.

Infatti era pratica abbastanza comune che gli scultori di quel tempo ricavassero il modello in gesso da calchi ottenuti direttamente dal corpo di chi posava, in seguito tramite pantografi poteva ricavare l’originale in marmo con maggiore facilità e rapidità, ma questa pratica era denigrata dai critici d’arte del tempo, in quanto la trovavano una scappatoia ad uso di chi non sapeva scolpire e famosa è l’affermazione di Eugène Delacroix (1798-1863) che si espresse con disprezzo di quest’opera classificandola “un dagherrotipo nella scultura

La storia

La statua fu commissionata ad Auguste Clésinger, che allora aveva lo studio nei pressi del cimitero di Montparnasse, da un ricco collezionista, Alfred Mosselman (1810-1867), aristocratico e industriale belga nonché mecenate delle arti, allo scopo che immortalasse a grandezza naturale la bellezza e la sensualità della sua giovane amante, Aglaé Joséphine Savatier, poi Sabatier e  in seguito ribattezzata “Apollonie” da uno dei suoi numerosi amanti.

Busto di Madame Apollnie Sabatier, opera di Auguste Clèsigner
Auguste Clésinger, Madame Apollonie Sabatier, busto (1847), 

Sicuramente l’autore di quest’opera riuscì a soddisfare le aspettative del committente, che senz’altro apprezzò la recensione del “La Revue des deux Mondes” che scrisse “le titre et le serpent sont des concessions faites au jury ! De qui se moque-t-on! Cette femme ne souffre pas, elle jouit!“.

Una donna molto “conosciuta”

Curioso è però il fatto che i visitatori riconobbero Apollonie Sabatier non dal viso, che l’autore scolpì dandogli lineamenti tipici di una bellezza idealizzata, ma dalle forme del corpo… il che fa supporre che la modella fosse “conosciuta” – intendendo questo termine in modo biblico – da diverse persone che visitarono la mostra? Oppure il motivo, meno malizioso, è da ricondurre alla circostanza che un busto ritraente la bella Apollonie, realizzato sempre da Auguste Clésinger, venne esposto nella stessa sala accanto alla Donna morsa da un serpente?

Da segnalare che a seguito del successo ottenuto, anche per merito dello scandalo forse creato appositamente, Auguste Clésinger realizzò una seconda scultura di dimensioni maggiori della precedente, ora al Petit Palais di Parigi, intitolata “La Baccante distesa“, che fu esibita al Salon del 1848 ottenendo il medesimo risultato se prendiamo in esame il commento di Gautier: “È un puro delirio orgiastico, la Menade dai capelli scompigliati che si arrotola ai piedi di Bacco, il padre della libertà e della gioia … Un potente spasmo di felicità gonfia l’ampio petto, sollevando due seni sfolgoranti“.

Leggi anche: Salvatore Grita, la denuncia sociale attraverso la scultura.

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By Marco Mattiuzzi
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