Gioacchino da Fiore, il beato a metà che prevedeva il futuro

gioacchino da fiore

Fondatore dell’Abbazia di San Giovanni in Fiore, venerato da Florensi e Gesuiti, stimato da papi, re e acclamato dal popolo, Gioacchino da Fiore non fu mai ufficialmente beatificato.

Il carisma e l’influenza nella Chiesa e nella società, in veste da teologo, scrittore e predicatore, lo fanno giungere a noi come uno dei personaggi storici più importanti della Calabria.

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Origini e formazione

Gioacchino è nato a Celico nel 1145. Figlio del notaio Mauro, probabilmente ebreo, ricevette i primi insegnamenti nella vicina Cosenza.

Nella stessa città fece le prime esperienze lavorative per poi trasferirsi a Palermo, dove lavorò con il capo della Zecca e poi con illustri notai e l’arcivescovo Stefano di Perche.

Dopo una lite con quest’ultimo si allontanò per intraprendere un viaggio in Medio Oriente.

Terra Santa e vocazione

Il medio oriente fu una tappa fondamentale per la vita e la conversione di Gioacchino.

Qui approfondì la conoscenza scientifica e filosofica, oltre che spirituale: matematica, astronomia, agricoltura e tecniche idrauliche e costruttive.

Da qui importò in Calabria le molte tecniche che insegnò a coloro che divennero i suoi più stretti collaboratori e seguaci, più tardi sarà direttore dei lavori dell’abbazia di San Giovanni in Fiore.

Gli anni in Medio Oriente maturarono in lui una crisi che lo portò ad allontanarsi dal mondo materiale e abbracciare l’ideale monastico.

Il ritorno in Calabria e la canonizzazione

Tornato a Guarassano, nei pressi di Cosenza, continuò a dedicarsi alle Sacre Scritture.

Qui incontrò di nuovo suo padre al quale comunicò la sua nuova scelta di vita, non più “al servizio di un Re, ma del Re dei Re”.

La sua fama di predicatore cominciò a costruirsi già prima di essere nominato sacerdote, titolo ottenuto dopo un lungo viaggio a piedi fino a Catanzaro dove ricevette il sacramento nel monastero di Santa Maria di Corazzo.

Nello stesso monastero incontrò un monaco greco che lo rimproverò di non mettere a frutto le sue doti, un importante sprone per proseguire negli studi.

Tornato a Rende con abiti da sacerdote, riprese a predicare e poco dopo vestì l’abito monastico dello stesso monastero dove divenne sacerdote, seguendo la regola cistercense.

A Corazzo fu nominato poi abate, cominciò a prendersi cura dell’ordine, all’epoca poverissimo, e cominciò a scrivere le sue prime opere.

L’Età dello Spirito

Il fulcro del pensiero di Gioacchino è la Trinità di Dio, non solo nella sua interpretazione divina ma terrena e cronologica.

Mentre il Vecchio e il Nuovo Testamento segnano due epoche identificate come il passato e il presente, il futuro sarà l’epoca dello Spirito Santo.

Un futuro di libertà spirituale a cui bisognerà adattarsi costituendo un ordine che comprenderà laici, clero e la stessa gerarchia ecclesiastica.

L’incontro con papa Lucio III

In qualità di abate compì un lungo viaggio fino all’abbazia di Casamari, in provincia di Frosinone.

In questo periodo incontrò papa Lucio III dinanzi al quale interpretò una profezia ignota contenuta tra le carte del defunto cardinale Matteo d’Angers.

L’evento impressionò il pontefice il quale gli concesse la licentia scribendi.

Nel frattempo i monaci di Corazzo, stanchi della lontananza della loro guida, inviarono una petizione alla Curia romana al seguito della quale papa Clemente III lo prosciolse dai doveri di abate autorizzandolo, però, a continuare a scrivere.

Il ritorno in Calabria

Da Roma si spostò a Verona dove incontrò papa Urbano III e, di ritorno, si fermò a Pietralata, una località sconosciuta della Calabria, probabilmente vicino Rogliano.

A Pietralata Gioacchino, con la sua sapienza e carisma, attrasse così tanti seguaci a tal punto che, per contenerli in un solo luogo, fu costretto a spostarsi in Sila.

Dopo un lungo periodo di ricerca decise di fermarsi a Jure Vetere Sottano, una zona compresa nell’attuale San Giovanni in Fiore.

Amico dei re e fondatore dell’ordine florense

Con l’accrescere della propria fama, Gioacchino vide nascere i suoi primi oppositori, tra questi il re Tancredi che contestò l’insediamento in Sila.

Le accuse obbligarono Gioacchino a recarsi a Palermo dove lo stesso Tancredi, dopo un lungo confronto, non solo gli concesse di continuare la sua opera ma gli fece gran dono di animali e sementi per facilitarlo nella sua opera.

Poco dopo Enrico VI, marito di Costanza D’Altavilla ed erede di Tancredi, gli concesse grande quantità di terreni e poteri sovrani su tutta la Calabria.

La costituzione della regola florense

Grazie ai poteri e ai beni concessi da Enrico VI, Gioacchino acquisì numerosi monasteri italo-greci, tra cui Bonoligno e Tassitano, avviando una vera e propria opera di colonizzazione della zona.

Nel 1196 si recò da papa Celestino III dove ricevette l’approvazione alla costituzione della Congregazione florense e, tornato in Calabria, insieme ai florensi e ai laici della zona, mise in piedi il progetto novus ordo.

Si trattava di una vera e propria opera di ingegneria ambientale, deviando le acque del fiume Garga, resero coltivabili le terre di Bonolegno e Faradomus, un area pressoché corrispondente all’attuale San Giovanni in Fiore.

Fondazione dell’Abbazia Florense

Secondo diversi studiosi i lavori dell’Archicenobio di San Giovanni in Fiore iniziarono attorno al 1202 sotto la direzione dei lavori di Gioacchino.

In quello stesso anno, durante l’attraversamento di un valico a 1600 metri Gioacchino fu colto da una grave malattia che lo portò il 30 Marzo dello stesso anno.

Il culto

I seguaci di Gioacchino da Fiore ne chiesero la canonizzazione nel 1215, questa non avvenne per alcune frasi, a lui attribuite ingiustamente, considerate eretiche dal Concilio Lateranense IV.

La fama di Gioacchino si diffuse in tutta Italia, Dante Alighieri lo inserisce nel Paradiso (canto XII, versi 139-141) tra la schiera dei beati sapienti, accanto a Tommaso d’Aquino e Bonaventura da Bagnoregio.

Rabano è qui, e lucemi dallato 

il calavrese abate Giovacchino, 

di spirito profetico dotato.    

Il 25 Giugno 2001 è ripartito l’iter per canonizzazione a cura di don Enzo Gabrieli, ad oggi risulta conclusa la fase diocesana.

Leggi anche: Sant’Elia lo Speleota

By Antonio Casella

Sognatore e inguaribile romantico, fervido credente della potenza della coesione sociale, frequentatore di piazze e salotti, ama imparare ascoltando gli altri. Fonico di professione e divulgatore per passione, nel tempo libero organizza eventi culturali nella sua Seminara. È uno dei fondatori di Kalanèa.it, le sue muse ispiratrici sono i suoi ulivi secolari e Milù, il suo gatto.

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